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Un erede può vendere tranquillamente la sua quota di proprietà di un immobile?

L’erede può vendere la propria quota di eredità prima che questa venga divisa con gli altri coeredi, ma a condizione che prima preferisca questi ultimi; in altre parole deve garantire a tutti i coeredi il cosiddetto diritto di prelazione. A chiarire alcuni importanti aspetti di questa procedura è una recente sentenza della Corte di Appello di Roma. Ma procediamo con ordine e vediamo come funziona.

Immaginiamo di essere diventati eredi di un parente stretto e, di conseguenza, di aver ottenuto una quota dell’eredità nella quale è compreso il 50% di una vecchia casa. L’immobile non sta più in piedi e necessita di essere ristrutturato per poi essere diviso fisicamente tra i due eredi. Poiché non abbiamo i soldi per procedere a tali lavori, né ci interessa diventarne un giorno proprietari sia pure per una intera metà, cerchiamo qualche interessato all’acquisto a cui facciamo però presente tutto ciò che c’è ancora da fare: lavori straordinari e successiva pratica di divisione. Questi accetta. Senonché il coerede, quello che ha l’altro 50% di proprietà dell’immobile, ci contesta questo operato perché, a suo dire, dovevamo prima chiedere a lui se era interessato ad acquistare la nostra parte. Noi gli facciamo presente di aver ricevuto, dall’estraneo, una proposta molto conveniente in termini economici, condizione che lui invece non avrebbe mai accettato.

Tra coeredi, prima dell’inizio delle operazioni di divisione ciascun erede può liberamente trasferire a un altro coerede sia alcuni singoli beni ereditari sia tutta la propria quota di eredità o parte di essa.

Ovviamente, se tutti i coeredi cedono allo stesso soggetto, anch’egli erede, le rispettive quote ereditarie, la comunione ereditaria si scioglie senza necessità di ricorrere al procedimento di divisione.

Se invece il coerede decide di vendere la propria quota ereditaria a un soggetto estraneo all’eredità deve rispettare il diritto di prelazione di ciascun coerede. Il diritto di prelazione non opera se il coerede intende non vendere ma donare la propria quota di eredità: è il caso del padre che cede la quota al figlio.

L’erede che vuol vendere la propria quota di eredità a terzi deve prima inviare, a tutti gli altri coeredi, la stessa identica proposta di trasferimento alle medesime condizioni economiche. Quindi, per esempio, se intende vendere la quota a mille euro (magari perché ha già trovato un acquirente disposto a offrire questo prezzo) dovrà inviare una comunicazione formale ai coeredi dichiarandosi disponibile a cedere loro, allo stesso prezzo di mille euro, la quota ereditaria.

I coeredi possono comunque rinunciare espressamente a tale diritto di prelazione.

La proposta inviata ai coeredi deve essere dettagliata, indicare il prezzo e tutti gli elementi necessari per la cessione e avere forma scritta se la quota comprende beni immobili.

Il coerede che ha notificato la proposta può revocarla fino a quando non è stata accettata dai coeredi destinatari; questi ultimi sono in ogni caso obbligati ad accettarla o rifiutarla non potendo pretendere l’inizio di una fase di trattative. In altre parole, i coeredi possono soltanto:

  • accettare la proposta di vendita alle stesse identiche condizioni loro offerte; l’accettazione deve intervenire entro il termine massimo di 2 mesi. Se tutti i coeredi esercitano il diritto di prelazione la quota è assegnata a ciascuno in parti uguali;
  • rifiutare la proposta di vendita.

I coeredi non possono quindi offrire un prezzo diverso o più basso rispetto a quello loro offerto.

Se i coeredi rifiutano la proposta di vendita della quota ereditaria, l’erede può finalmente cederla a terzi, ma deve assolutamente rispettare gli stessi termini e condizioni offerte ai coeredi: non può, ad esempio, vendere la quota ad un prezzo più basso rispetto a quello indicato agli altri parenti del defunto. In tal caso, egli lede il diritto di prelazione.

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Davide Rigatti

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